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Presentazione
vaccini20feb

Breve nota biografica: come credo la maggior parte di voi, ho iniziato a interessarmi ai vaccini con la nascita della mia prima figlia, per l’esattezza 32 anni fa; contemporaneamente ci sono stati altri due eventi, il primo legato al lavoro, che in quel periodo facevo come medico scolastico a Milano in una scuola materna, in una elementare e in un istituto professionale. Dico questo perché da una parte dovevo, come medico scolastico, fare le riammissioni a scuola e segnalare i rientri per malattie infettive tipo morbillo, rosolia, varicella, scarlattina ecc… all’ufficio del Comune, che allora compilava le statistiche delle varie malattie, la loro incidenza, le eventuali complicanze; poi dall’altra, all’istituto professionale per cuochi e pasticceri vedevo moltissimi ragazzi con handicap. Erano soprattutto ragazzi Down, gli altri erano ragazzi danneggiati dal vaccino del vaiolo.
L’altro evento di quel periodo era il fatto di aver finito la facoltà di Medicina con una insoddisfazione che si è manifestata dal quarto anno dello studio universitario. Il dover studiare senza vedere la persona e anche nel momento che si entrava in contatto con il paziente in ospedale tutto veniva frammentato come se fosse costituito da apparati e organi che poco avevano a che fare gli uni con gli altri. Cercare di capire l’individuo nell’insieme in salute e in malattia non era preso in considerazione. L’analisi spinta nello studio specialistico, mi faceva perdere di vista l’essere umano. Per questo motivo prima con lo studio della medicina tradizionale cinese, poi con quello dell’omeopatia ho trovato quello che cercavo. Questo lo dico per due motivi il primo che la criticità ai vaccini non è stata una scelta ideologica, ma dettata da una voglia di capire di più cosa stavo facendo a mia figlia con tutti i dubbi e le perplessità che credo voi conosciate abbastanza bene. Il secondo che soprattutto la medicina omeopatica, oltre a avermi dato la visione dell’uomo nella sua interezza, mi ha trasmesso da una parte l’importanza della biopatografia, cioè la necessità di vedere la storia della persona come un filo rosso che dal passato lo accompagna e mostra quali possono essere le sue difficoltà e quali risorse ha nel superarle per capire come aiutarlo nello stato attuale senza solo sopprimere i sintomi che presenta. Dall’altra parte mi ha dato poi la possibilità di vedere le malattie anche in un contesto collettivo e storico. Non entro ora nel dettaglio di questo tema, ma spero che nel corso della relazione questo punto sarà più chiaro perché lo reputo fondamentale. Vedere  le malattie solo come nemico da abbattere può essere limitante mentre a mio avviso diventa importante provare a osservarne il contorno in cui si presentano sia durante la vita della persona sia nella storia dell’umanità sia nella loro relazione con altre patologie.

L’importanza delle malattie acute dell’infanzia
Un’omeopata avrà quindi uno sguardo che non può essere solo sulla malattia, ma anche su un contesto più ampio. Per esempio gli viene più naturale pensare che l’eliminazione forzata di una data malattia acuta possa portare a dei cambiamenti che possono essere evidenti sia sul singolo individuo, sia sulla collettività. Per esempio, l’eliminazione o il tentativo di fare scomparire le malattie acute infantili, che tra l’altro hanno una loro funzione e che tra poco vedremo, può avere diverse conseguenze.
In alcuni soggetti, l’eliminazione delle malattie infettive dell’infanzia porta a una maggiore incidenza di patologie acute che si vedevano meno frequentemente. Mi riferisco soprattutto alla scarlattina che fino a 20 - 30 anni fa si presentava sporadicamente e il più delle volte non si ripeteva nella vita della persona, ora si vedono bambini che ripetono l’infezione con una sintomatologia classica di mal di gola, febbre e esantema varie volte o hanno ormai  lo streptococco come ospite abituale della gola. Oppure mi riferisco all’aumento della mononucleosi che ormai sta diventando particolarmente diffusa e che agisce in modo profondo sul sistema immunitario, oppure del citomegalovirus o di altre patologie esantematiche come mani, bocca, piedi o come la V malattia.
In altri, per vari motivi più esposti, il non mettere alla prova in modo fisiologico il sistema immunitario, porta a un aumento di comparsa di malattie croniche quali disturbi allergici: dalle dermatiti, all’asma, a una immunosoppressione, a malattie autoimmuni come il diabete, l’artrite reumatoide, il morbo di Crohn, a disturbi dell’attenzione, al famoso spettro autistico fino a arrivare alla sclerosi multipla negli adolescenti e ai tumori.  Nessuno parla dell’aumento delle leucemie e dei linfomi che ci sono state nell’infanzia negli ultimi anni. Dal sito della Glaxo (http://www.gsk.it/per-la-comunita/dynamo-camp/i-tumori-in-eta-pediatrica/) si legge che ogni anno in Europa si ammalano 140 bambini ogni milione di bambini di età 0-14 anni… questo tasso è andato aumentando negli ultimi anni con un incremento annuo variabile fra lo 0,8 e il 2,1% secondo i tipi tumorali, età, sesso e nazione. In Italia il rapporto 2008 dell’Associazione Italiana Registri Tumori (http://www.registri-tumori.it/cms/Rapp2012Indice) ha confermato un aumento dei tassi di incidenza di tutti i tumori pediatrici pari al 2% annuo. Un confronto con dati pubblicati in letteratura ha evidenziato infine che i tassi di incidenza italiani per tutti i tumori pediatrici dei dati fra i più alti di quelli europei e americani. In genere le leucemie sono le più diffuse (33 %), seguite dai tumori del sistema nervoso centrale (22%), i linfomi (12%), i neuroblastomi (7%), i sarcomi dei tessuti molli e i tumori ossei. La frequenza delle diverse neoplasie varia con l’età. Sotto i 5 anni sono più frequenti le leucemie, mentre è raro il linfoma; dopo i 10 anni questo rapporto si inverte. Sempre dal sito dell’Associazione Italiana Registri Tumori si legge: “i tumori sono la prima causa di morte per malattia fra 1 e 14 anni di età e la seconda dopo  incidenti,  e la leucemia ne è la forma più frequente costituendo circa il 35%. L’incidenza della leucemia infantile è di circa 47 casi ogni milione di bambini per anno“.
Questo al di là dell’impatto che i singoli vaccini possono avere sul sistema immunitario del bambino che nel primo anno di vita riceve 32 stimoli vaccinali oltre alle sostanze in esso presenti che passano velocemente in circolo e che sono l’idrossido di alluminio, la formaldeide, la neomicina e altre sostanze differenti secondo il tipo di vaccino.
Il bambino ha un organo fondamentale che inizia verso l’adolescenza a ridursi e che è il timo, la sua maturazione è essenziale per la formazione del sistema immunitario che quindi pone le basi strutturali indispensabili per il futuro dell’individuo. Se non si rispetta la sua funzione c’è la possibilità che il sistema immunitario dell’adulto inizia a avere delle difficoltà. Le malattie dell’infanzia sono da considerare come una palestra per la formazione del sistema immunitario, cito sempre l’esempio del bambino che deve imparare a camminare, cadrà, a volte potrà anche piangere però prende contatto con il suo senso spaziale e con quello del suo corpo che si muove nello spazio, non possiamo non farlo sperimentare perché questo gli permetterà di acquisire conoscenza e coordinazione. Così le malattie acute dell’infanzia che danno una immunità permanente, è come se il corpo, tramite esse, imparasse  a superarle e non avesse poi bisogno di tornarci sopra, cosa che non succede con i vaccini. Tra l’altro mentre i vaccini vengono introdotti in un tempo deciso dal calendario vaccinale, le malattie di questo tipo, almeno fino all’avvento delle vaccinazioni, avevano una loro ciclicità sia nella comparsa epidemica, sia nell’epoca della vita. Per esempio aveva una incidenza stagionale fra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, compariva a focolai ogni 2-3 anni, con un’incidenza massima nei primi due anni di vita (da Malattie infettive di M. Moroni, R. Esposito, F. De Lalla del 1982). Ora tutto questo è andato a sparire e il bambino si ritrova a fare i conti con questi virus che comunque sono presenti nel vaccino anche se in forma attenuata, in un’età che non è quella fisiologica per questa malattia, è ancora impreparato per questa evenienza. Secondo la visione antroposofica dell’uomo, che ha in Steiner il suo maggiore rappresentante, le malattie infettive dell’infanzia hanno la funzione di individualizzare il bambino, in genere soprattutto quelle esantematiche. Si presentano nella prima infanzia e aiutano a modellare il corpo del bambino  a diventare altro rispetto ai genitori o alla storia famigliare, non a caso molte di queste malattie sono caratterizzate dal cambiare pelle attraverso le varie tappe della malattia. Secondo la visione omeopatica le malattie acute hanno una funzione determinante per la salute del soggetto, come se alleggerissero il carico ereditario che ciascuno di noi si porta venendo al mondo.
Per ritornare a un piano più organico, quello che dicevo precedentemente è interessante riscontrarlo in uno studio danese che cito sempre e che è di parecchi anni fa, da un punto di vista di “accreditamento scientifico“ può essere considerato jurassico però è molto interessante. Il titolo è “L’infezione del morbillo senza esantema nei bambini è collegato a malattie nell’età adulta”  (The Lancet Saturday 5 January 1985 “ Measles virus infection without rash in childhood is related to disease in adult life “) in cui hanno studiato retrospettivamente l’associazione fra una storia negativa di morbillo nell’infanzia e la comparsa di certe malattie nell’età adulta. Alla fine del recupero dei dati dal registro scolastico hanno contattato le varie persone inviando loro un questionario sul loro stato di salute attuale e hanno comparato due gruppi di 252 persone che avevano avuto il morbillo e 230 che non l’avevano avuto.
Il morbillo di cui parleremo più diffusamente dopo, in quanto l’ho preso come esempio di malattia infettiva dell’infanzia, è caratterizzato da un esantema molto evidente che dal viso si diffonde a tutto il corpo, questa espressione cutanea è molto importante per l’eliminazione virale in quanto è determinata da una reazione immunitaria cellulo-mediata che danneggia le cellule infettate dal virus. L’autore sostiene che se questa ipotesi fosse corretta l’assenza del rash implica che il virus intracellulare non venga neutralizzato durante l’infezione acuta e questo darebbe origine allo sviluppo di malattie successive. Questo studio quindi metterebbe in discussione sia l’uso di immunoglobuline ai primi sintomi di morbillo, sia l’uso del vaccino in quanto metterebbe in circolo un virus attenuato che non va certamente a sviluppare la sintomatologia cutanea. Per ritornare a questo lavoro quello che hanno rilevato è che c’è una più alta associazione fra una storia negativa di morbillo con malattie immunoreattive, dermatiti di vario tipo, malattie degenerative delle ossa e delle cartilagini e tumori. Dove per malattie immunoreattive si sono viste artriti, iridocicliti, lupus, pericardite, tiroidite, malattie del connettivo, atralgie, sarcoidosi, morbo di Crohn ecc…
L’età del gruppo di studio si aggirava fra i 38 e i 41 anni per cui un’età non avanzata per la comparsa di patologie di questo tipo. Inoltre hanno anche testato la presenza di anticorpi contro il morbillo in soggetti che non lo avevano manifestato a livello clinico e tranne che in tre individui, che poi non hanno presentato patologie particolari, hanno rilevato un titolo anticorpale positivo. Per cui hanno tratto un’altra conclusione relativa alla possibilità che la non espressione cutanea e aggiungo io febbrile possa aver portato a una sopravvivenza intracellulare con una possibile riattivazione del virus oppure con una possibile reazione immunologica contro il complesso virus cellula oppure una soppressione delle cellule immunocompetenti causata dalla persistente infezione del virus del morbillo che induce cambiamenti nel genoma dell’ospite, con possibile integrazione nel DNA cellulare.
Passerei a elencare brevemente alcune malattie dell’infanzia e nello specifico quelle verso cui si vaccina a 15 mesi di età del bambino: con quello che prima era il trivalente MPR  e ora il tetravalente a cui si è aggiunta la varicella.
Ho ricopiato nelle slide quella che è la definizione che ho trovato dell’Istituto Superiore di Sanità per evidenziare che la descrizione è quella di malattie per la maggior parte dei casi a decorso spontaneo e benigno. Certamente poi parlano anche di complicanze però se lo leggete il tono non è drammatico come molte volte viene riportato e inoltre viene sottolineato il fatto che queste avvengano soprattutto nell’adulto.
Anche nel libro precedentemente citato di Malattie Infettive quando si parla della complicanze alle varie malattie si riporta questo: per quanto riguarda la parotite questa è una malattia infettiva che influenza soprattutto bambini fra i 5 e i 10 anni, con maggiore incidenza fra fine inverno e inizio primavera, come in genere tutte le malattie che qui citiamo, come se ci fosse bisogno anche di un passaggio corporeo nell’uscita da una stagione come quella invernale verso il riemergere primaverile, con riaccensione in passato ogni 2-4 anni. Può avere delle complicanze che riguardano la localizzazione extrasalivare del virus e che sono maggiormente presenti nell’età adulta con orchite, pancreatite, prostatite, mentre nell’infanzia può comparire una meningite a liquor limpido che si risolve nell’arco di 5-10 giorni senza conseguenze.
Per quanto riguarda la rosolia, l’incidenza stagionale appare maggiore nei mesi invernali e primaverili, ogni 5-10 anni, “l’artrite, la neurassite e le manifestazioni emorragiche costituiscono le complicanze più frequenti. L’interessamento articolare è raro nel bambino e nel giovane adulto e si verifica circa  nel 30% delle donne adulte. Le conseguenze della rosolia congenita invece sono le più svariate e imprevedibili.” Ma in questo caso l’aver diminuito l’immunità naturale che porta una persistenza del titolo anticorpale per tutta la vita rende la popolazione più esposta nell’età adulta a un possibile contagio e il continuare a fare vaccini successivi non necessariamente porta a una risposta anticorpale adeguata .
Varicella: in genere è anch’essa una malattia contagiosa che colpiva entro i 9, l’epoca maggiore di incidenza era fra i 5 e i 9 anni d’età, con una maggiore frequenza stagionale fra fine inverno e inizi primavera, con picchi ogni 2-3 anni. Anche in questo caso viene detto “possibili, ma rare complicanze sono l’impetiginizzazione, la neurassite, la glomerulo nefrite, l’epatite, la cheratite e la polmonite”.
Morbillo: incidenza stagionale solita fra fine inverno e inizio primavera, ogni 2-3 anni con una prevalenza maggiore, nel passato, nei primi due anni di vita, “le complicanze includono situazioni cliniche non abituali dovute all’agente stesso o a superinfezione batterica…”, il virus può determinare un interessamento a carico dell’apparato respiratorio, digerente, cardiovascolare e neurologico con una encefalo mielite.
Le complicanze a carico del SNC, tanto temute, come mostra questa immagine non sono presenti nei casi registrati fra il 2013 e il 2014 e forse diventerebbero minori se la malattia si restringesse all’età infantile e se si permettesse la manifestazione esterna con il rash cutaneo non limitando troppo la febbre che è essenziale nelle patologie infettive dell’infanzia per l’eliminazione virale.
Una persona potrebbe pensare che il vaccino potrebbe scongiurare queste anche se rare complicanze, ma anche soltanto leggendo il foglietto illustrativo del vaccino, che non è poi esattamente quello che succede in realtà si vedono riportati altrettanti effetti collaterali per cui ci si chiede, ma per un’immunità che poi non copre neppure per tutta la vita cosa si va a fare? Non sarebbe meglio sostenere il bambino nel suo decorso alla malattia anche con un rispetto della sua manifestazione, favorendo il riposo, l’alimentazione e un eventuale intervento in caso solo di necessità, una volta le si affrontava con meno ansia e anche questo aiutava il decorso, a volte anche come malattie della crescita accolte come qualcosa che portava a uno sviluppo positivo del bambino. La paura e l’ansia come si vede anche in questi giorni fa affrontare la malattia con maggiore difficoltà e a volte con interventi eccessivi che non vanno certamente a migliorare il decorso.

Problema dell’eradicazione
Mi sono particolarmente concentrata sul morbillo perché altrimenti diventava lunghissimo il tutto, i motivi sono da una parte perché questa malattia diventa uno spauracchio, come si diceva prima e poi perché secondo me attraverso il morbillo si possono toccare tanti temi che hanno a che fare con la pratica vaccinale in genere. Nel 1979 c’è stata l’introduzione della vaccinazione antimorbillosa, nel 1999 introduzione MPR nel calendario vaccinale, fa parte delle vaccinazioni facoltative, oggi però attivamente raccomandate a 13 mesi e poi a 6 anni.
Nella storia della vaccinazione antimorbillo si è passati da una profilassi immunitaria  individuale a strumento di eradicazione che prevede non la protezione immunitaria del singolo o di una data popolazione, ma la volontà di eliminare quel dato virus. A questo punto le motivazioni contrarie sono parecchie il primo punto è il tema non facile che riguarda la  vaccinazione di massa o in altre parole il famoso effetto gregge. Non voglio soffermarmi sul significato di questo termine anche se a mio avviso un giorno o l’altro sarebbe interessante approfondirlo.
L’immunità di gregge ha a che fare con la protezione della popolazione dalle infezioni che è determinata dalla presenza di individui immuni.
Per restringere l’argomento al morbillo e in realtà alle altre due malattie che vengono verso le quali veniva fatta la vaccinazione fino a due-tre anni fa, è interessante leggere quanto riportato da un articolo di Gregory Poland. Professore di Medicina, fondatore e leader del Vaccine Group Mayo Clinic Research, una delle più grandi organizzazioni di ricerca in vaccinologia del mondo. Editore della rivista scientifica Vaccine.
Dal titolo “La ri-emergenza del morbillo in paesi sviluppati. Tempo di sviluppare la prossima generazione di vaccini anti morbillo? “(Vaccine 2012 January 5“ The Re-Emergnge of Measles in Developed Countries: Time to Develop the Next Generation Measles Vaccine?“  Pur volendo ribadire la necessità di una vaccinazione contro il morbillo dice però delle cose interessanti che riguardano il tipo di efficacia e le conseguenze che questo tipo di vaccinazione, a cui ci spingono invocando complicanze gravissime per questa malattia, porta. La sua osservazione nasce dal fatto che in America, come in altri paesi sviluppati, dove quindi si effettuano i vaccini su larga scala hanno visto l’emergere di focolai infettivi importanti. Nell’articolo cita che 33 paesi europei hanno avuto un out break del morbillo con più di 30.000 casi e che in America hanno dichiarato nuovamente endemica la malattia. Aggiunge che il fallimento è legato da una parte alla possibilità di raggiungere quel famoso 95% di copertura vaccinale per una serie di motivi, anche  in America dove per qualsiasi cosa devi esibire il certificato di avvenuta vaccinazione. Intanto non può essere effettuato a persone immunodepresse visto il fatto che è un vaccino a virus attenuati che quindi possono diventare virulenti in questi soggetti, a soggetti allergici ai componenti del vaccino, e qui si potrebbe aprire una parentesi su come è preparato questo vaccino, alle donne in gravidanza. Inoltre è un vaccino che richiede una catena a freddo nella sua produzione, e il fatto di non essere effettuato prima dei 12 mesi di età per la immunità materna trasferita al bambino che renderebbe ancora meno efficace la risposta. Oltre a questo hanno visto, sempre citando il suo articolo, che dal 2 al 10% dei vaccinati anche con due dosi non rispondono producendo anticorpi e che esistono gruppi che non aderiscono alla campagna vaccinale. Per cui cita il paradosso che soggetti anche vaccinati due volte, nei paesi sviluppati, siano quelli primariamente colpiti dal morbillo.
Questo quanto riportato da lui se poi si prosegue in una lettura ancora più specifica su questo punto si può arrivare a chiedersi perché ci  sono stati focolai di morbillo in situazioni in cui più del 95%  di quella data popolazione era vaccinata. (tratto da www.autismovaccini.org “Il vaccino contro il morbillo ha fallito: non può impedire epidemie di morbillo”).

“La scuola interessata aveva nello stesso edificio 276 studenti del liceo e 135 studenti della scuola media. Una revisione delle cartelle cliniche della scuola ha mostrato che tutti i 411 studenti erano stati vaccinati contro il morbillo, in conformità con le Leggi dell’Illinois“. [Measles Outbreak among Vaccinated High School Students – Illinois. MMWR. June 22, 1984 / 33(24);349-51]
Una serie di esempi sono ben descritti in questo documento pubblicato nel 2003 su Pediatrics, dove risalta la realtà di un’altra scuola con 663 bambini, in Libano, dove si verificò un caso di morbillo in un bambino vaccinato che colpì i restanti 662. Dei 663 bambini della scuola:
• 8 [corrispondenti all’1,2%] non erano mai stati vaccinati
• 26 [corrispondenti al 3,9%] avevano ricevuto una sola dose
• 629 [corrispondenti al 94,9%] avevano ricevuto due dosi, prima dell’inizio dell’epidemia.

Risultati simili sono stati ottenuti anche, per esempio:
1. dallo studio di un’epidemia avvenuta in Russia: nei pazienti che avevano avuto il morbillo, nonostante avessero ricevuto 2 dosi di vaccino, erano presenti titoli anticorpali non protettivi di anticorpi neutralizzanti. Per spiegare questi casi, ricchi di “forse” e di “ma”, i ricercatori hanno ipotizzato l’uso del vaccino con ceppo Leningrado, dotato di una ridotta immunogenicità in confronto ai ceppi Moraten e Schwarz.

2. dallo studio di un’epidemia avvenuta in Canada: la copertura vaccinale tra i casi era almeno del 84,5% mentre la copertura vaccinale per la popolazione totale era del 99,0%. Le autorità sanitarie vennero smentite quando incolparono l’incompleta copertura vaccinale come spiegazione valida per l’epidemia di morbillo a Quebec City. Anche il CDC di Atlanta fu costretto ad ammettere la sconfitta.

3. dallo studio di un’epidemia avvenuta a Cape Town: gli autori conclusero scrivendo che “l’epidemiologia del morbillo a Città del Capo è cambiata come si evince in questa epidemia, con un aumento del numero di casi che si verificano in anziani, bambini precedentemente vaccinati. Le possibili ragioni di questo fallimento includono sia la vaccinazione primaria che secondaria“.

4. dallo studio di un’epidemia avvenuta in Olanda: pubblicato dai Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, lo studio conferma che la maggior parte dei casi osservati nel corso di una recentissima epidemia di parotite nei Paesi Bassi, tra il 2009 e il 2012, si è sviluppata prevalentemente fra persone che avevano ricevuto due dosi del vaccino trivalente MPR.”

Quello che succedeva nel passato col morbillo è che i bambini erano protetti dagli anticorpi materni, gli adulti erano protetti dall’esposizione continuata, e i bambini infettati sviluppavano normalmente la malattia diventando immuni per un lungo periodo di tempo. Per cui la protezione di gregge aveva un senso perché era legata alla immunizzazione naturale. Inoltre tutto questo ha portato a un  cambiamento nell’età di manifestazione della malattia.
Quello che si leggeva nei libri di pediatria o di malattie infettive fino agli anni 80 è totalmente da dimenticare ora l’età più colpita è paradossalmente quella adulta come mostra questo grafico.
Con questo tipo di immunizzazione si assiste quindi a due paradossi: il primo che sono più colpite dal morbillo, ma potremmo dire anche dalla parotite, persone con anche due cicli vaccinali, con quindi un cambiamento sostanziale del significato di copertura di gregge, dall’altro la comparsa di focolai in soggetti adulti con tutto quello che comporta la situazione, più complicanze, più fatica a reagire. Quello che si doveva fare da piccoli si fa da adulti, e si diventa sempre più persone dipendenti da farmaci e vaccini.
Inoltre un altro punto importante è la possibilità che il virus possa mutare, pur essendo riconosciuto che il virus del morbillo è stabile, anche lui come tutti i microrganismi se attaccati tende a sopravvivere. Inoltre i virus a RNA come quello del morbillo, ma anche quello influenzale, della rosolia e della parotite mutano facilmente.
Ogni epidemia non è provocata da un singolo ceppo stabile, ma da un insieme di microrganismi che originano dal ceppo principale e che hanno lo scopo di selezionare il tipo genetico più adatto alla diffusione. Più ostile è l’ambiente maggiori saranno le capacità di mutazione alla ricerca della forma più adatta. Se i virus circolano in una popolazione immunocompetente, ma non immunostimolata specificamente con vaccini o trattamenti antivirali, tendono a mutare di meno. Bisogna  ricordare che i virus hanno bisogno di noi per moltiplicarsi e vivere se sterminassero la popolazione umana morirebbero anche loro per questo motivo in natura si cerca di arrivare a un compromesso e a una convivenza, non così succede se l’ambiente diventa ostile e attacca violentemente il microrganismo.
Questa possibilità di mutazione può essere vista in casi descritti in un articolo del 24 marzo 2001 pubblicato sul British Medical Journal “Indian scientist warn of mutant measles virus“ dove vengono descritti numerosi casi di encefalite in adulti e bambini determinati da un virus morbilloso mutato capace di non dare la malattia classica , ma di attaccare direttamente cervello, reni, e polmoni.
Una delle conseguenze più temute del morbillo, anche se molto rara è la pan encefalite sclerosante subacuta, dovuta alla persistenza del genoma virale all’interno di quello delle cellule nervose. Dopo vari anni dalla malattia il genoma si riattiva e genera una neuro degenerazione letale. Si stima che questa conseguenza possa esserci nello 0,7 per milioni di dosi.
Oltre a tutto questo si deve anche aggiungere che il vaccino MPR con anche quello della varicella sono a virus attenuati quindi vengono da una parte immessi nell’ambiente i virus che si vorrebbero debellare oltre al fatto di come sono preparati i vaccini e come negli anni si sono susseguite varie preparazioni con successivo ritiro dal mercato dei vari tipi perche in alcuni casi causavano quell’interessamento al sistema nervoso che volevano invece debellare come conseguenza della malattia.
Per cui la domanda è ma perché si deve fare tutto questo, per che cosa? Qualcuno può dire che ci sono stati casi di conseguenze da morbillo per esempio o che la rosolia può essere pericolosa per le donne in stato interessante, però per coprire queste situazioni non sarebbe meglio ricorrere a altro. Anche il problema dei bambini immunodepressi non ci si potrebbe fermare e chiedere il perché invece di proporre un mondo immaginario dove non esistano forme infettive e farli diventare ancora più immunodepressi?

Il vaccino, storia e preparazione
Un altro punto è la preparazione del vaccino, la sua storia è molto interessante con retroscena da spy story con messa in commercio e poi ritirati in un ping pong fra le varie ditte farmaceutiche. Basta pensare al primo vaccino immesso sul mercato in America.  Per preparare il famoso vaccino Edmonston B, Enders partendo da questo ceppo, attenuò ulteriormente il virus del morbillo con ulteriori passaggi a 35-36 °C per 24 volte in cellule renali e 28 volte in cellule amniotiche umane e sei passaggi in cellule  embrionali di pollo. Il vaccino attenuato Edmonston B entrò in commercio negli Stati Uniti nel marzo del 1963. Dopo il suo impiego insorsero febbre molto elevata e nel 20-40% dei casi  esantema; nel 50% dei casi fu necessario somministrare insieme piccole dosi di immunoglobuline per diminuire i sintomi. Di questo vaccino ne vennero usate circa 19 milioni di dosi negli Stati Uniti fra il 1963 e il 1975. Negli anni 90 furono ritirati dal commercio vari vaccini per differenti motivi, alcuni legati all’immugenicità, in quanto c’era una scarsissima efficacia protettiva, vedi quelli in cui era contenuto il ceppo Rubini per la parotite (Triviraten), altri perché si rilevavano casi di meningite post vaccinica ( vedi caso del Pluserix in cui era contenuto il ceppo Urabe Am 9 della SMITHKLINE, oppure del Morupar della Chiron oggi Novartis oggi Glaxo).

Inoltre nel vaccino trivalente e nel quadrivalente ora ci sono tre o quattro virus attenuati ed è difficile dopo la sua somministrazione capire a quale componente il bambino può avere una reazione. Poi c’è il virus del morbillo che ha delle caratteristiche peculiari che possono renderlo pericoloso anche a distanza di tempo, poi c’è la preparazione che in questo caso non ha come eccipiente l’idrossido di alluminio presente invece nella maggior parte dei vaccini, ma una preparazione su cellule embrionali di pollo o, negli ultimi vaccini, su cellule diploidi umane. La storia aiuta a capire cosa è successo in passato e a non ripetere gli errori, qualcuno può ricordarsi la storia del vaccino orale Sabin che veniva effettuato fino a non molti anni fa a tutti i bambini. È sostituito da qualche anno con il Salk presente nell’esavalente perché provocava più casi di polio vaccino rispetto alla possibilità di sviluppare la malattia naturale. Nel Sabin si era vista poi la possibilità di trasmissione di un virus, l’SV40, presente nelle cellule renali di scimmia, su cui veniva coltivato, che può causare nell’essere umano tumori. Questa evenienza viene raccontata anche in un bel libro dal titolo Spillover (salto di un patogeno da un animale a un essere umano) di David Quamnen giornalista e autore di reportage per “National Geographic” nel capitolo dedicato all’AIDS. Non so se vi ricordate ma una delle ipotesi che furono avanzate per l’insorgenza dell’AIDS in Africa nel 1992 fu che i il virus era entrato nella popolazione umana a causa del vaccino antipolio infetto somministrato a milioni di africani. Come scrive Quammen “...i patogeni sono astuti e riescono a introfularsi là dove non dovrebbero. Le contaminazioni virali e batteriche sono un fatto ben noto e sono accadute anche nella produzione di vaccini. Ne l 1861 alcuni bambini italiani vaccinati contro il vaiolo con siero proveniente da una pustola infetta contrassero la sifilide. All’inizio del secolo scorso, altri bambini a Camden nel New Jersey si presero il tetano per lo stesso motivo e nove ne morirono. Più o meno negli stessi anni una partita di siero antidifterico preparato a Saint Louis a partire da sangue di cavallo uccise altri sette bambini sempre a causa del tetano. Dopo questi casi i produttori iniziarono a filtrare i vaccini, il che era una misura efficace contro la contaminazione batterica, ma inutile per i virus, che passano attraverso i filtri. In alcuni casi si aggiungeva formaldeide al preparato, per inattivare il virus bersaglio e, si pensava, uccidere gli eventuali patogeni indesiderati, ma ciò non sempre funzionava. Ancora negli anni 50 le partite di virus antipolio furono contaminate dal virus SV 40 endemico nei macachi reso. Questo caso divenne la pietra dello scandalo, anni dopo, quando iniziarono a diffondersi sospetti sul potere cancerogeno di questo virus.”. In  realtà l’ipotesi del passaggio del virus dall’animale all’uomo avvenne molto prima del vaccino antipolio, fu riscontrato in materiali autoptici di un uomo morto nel 1908 per cui l’ipotesi vaccinale fu scartata, però questo ha messo in evidenza la possibilità di un passaggio di virus che non apparteneva all’uomo, ma a un'altra specie.
Nel periodo dell’aviaria sparavano su ogni volatile come possibile portatore della malattia, ma continuavano a fare vaccini in cui il passaggio su cellule embrionali di pollo era la norma
Ora gli ultimi vaccini in commercio utilizzano cellule diploidi umani con la possibilità di indurre invece più problemi di autoimmunità per la presenza di cellule della stessa specie.

Caso Wakefield e autismo
Conosciuto al grande pubblico dopo una trasmissione televisiva in questo periodo che l’ha massacrato come truffatore e manipolatore.
La pietra dello scandalo fu un articolo pubblicato nel 1998 sulla rivista Lancet insieme a altri autori un articolo dal titolo “Ileal Lymphoid nodular hyperplasia, non specific colitis and pervasive developmental disorder in children”
In cui descriveva la presenza di una forma aspecifica di colite in 12 bambini comparsa dopo vaccino MPR, la tesi veniva supportata dal fatto che la maggior parte dei bambini aveva iniziato a mostrare disturbi neuropsichiatrici dopo la vaccinazione o l’infezione da parte del virus, inoltre esistevano studi precedenti su questo argomento. Nel 2004 gli altri autori ritrattarono e la rivista ritirò l’articolo  e lui fu sospeso dall’Ordine dei medici.
Naturalmente come si diceva prima, in precedenza c’erano stati studi che indicavano un possibile nesso fra virus del morbillo, rosolia e parotite o il vaccino e disturbi neurologici.
Nel 1971 Chess descrisse un caso di autismo successivo allo sviluppo di una rosolia congenita. Poco dopo altri due autori riportano casi di autismo insorti in seguito a infezione del virus del morbillo e della parotite. Fra la fine degli anni 80 e l’inizio del 90 due diversi gruppi descrivono dei casi di meningite dopo MPR in cui è contenuto il ceppo Urabe AM-9. Ceppo che è stato ritenuto responsabile di diversi casi di meningite.
Nel 1995 esce una pubblicazione da parte del gruppo del Royal Free Hospital, dove lavora Wakefield dal 1988, in cui si suggerisce un nesso causale fra vaccino e l’insorgenza di malattie infiammatorie croniche intestinali quali il Crohn e la retto colite ulcerosa. In quegli anni pubblicarono numerosi articoli su questo tema. In particolare dimostrarono come il virus del morbillo persiste nella mucosa intestinale molto tempo dopo rispetto alla infezione acuta e come una infezione morbillosa contratta in utero possa esitare in una malattia di Crohn conclamata. A supporto di questa ipotesi fu pubblicato nel 1995 sul Lancet un articolo in cui si suggeriva un possibile legame fra vaccinazione antimorbillo e malattie infiammatorie intestinali.
Tra il 1995 e il 1997 due lavori, uno danese e l’altro israeliano, collegarono l’infezione da virus del morbillo e la vaccinazione MPR  con la comparsa di disturbi neurologici gravi fra i quali atassia e autismo. Nel 2000 lo stesso gruppo danese conferma che alcuni dei bambini che erano stati menzionati nel lavoro precedente erano stati danneggiati irreversibilmente dal vaccino.
Uno dei lavori del gruppo di Wakefield dimostrò la presenza del virus del morbillo nella mucosa intestinale di 75 su 91 bambini affetti da disturbo dello spettro autistico e enterocolite, contro 5 su 70% di bambini non affetti da DSA e indagati mediante colonscopia per sintomi gastrointestinali.
Il 2004 è stato l’anno della ritrattazione e del procedimento formale contro Wakefield . nel 2007 iniziò il processo contro di lui che si conclude nel 2010 con la sua radiazione dall’albo dell’Ordine dei Medici.
Pubblicò fino al 2006, negli anni successivi altri autori confermarono una disregolazione del sistema immunitario associata a malattia infiammatoria dell’apparato digerente nei soggetti con autismo.
Numerosi sono gli studi in cui si mette in correlazione la possibile correlazione fra autismo e vaccini sia per quanto riguarda la componente virale sia per la presenza di metalli pesanti.
È del 2004 un interessante studio danese in cui si parla di prevalenza di casi di autismo con l’introduzione in Danimarca del MPR. Nei vaccini danesi già non si usava Thimerosal e rispetto all’America per esempio è un paese in cui si effettuava la vaccinazione MPR non in associazione a altri vaccini, per cui si ipotizzò che fosse solo la componente virale a causarne l’aumento.
Nel 2007 escono invece numerosi studi che analizzano la relazione fra autismo e metalli pesanti.
Nel 2009 uno studio prospettico che ha interessato 9000 ragazzi in California e in Oregon ha confermato che nei bambini vaccinati esiste un rischio maggiore del 155% di sviluppare un disturbo neurologico rispetto ai bambini non vaccinati.
La domanda che ripeto è: vale la pena pensare a vaccini di questo tipo per patologie che in paesi sviluppati potrebbero essere superate nell’infanzia dando una immunità a vita in modo più semplice e naturale grazie anche alle migliori condizioni igieniche, sociali, alimentari?

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