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Il neonato è un essere in divenire, nell’arco di pochi mesi raddoppia il suo peso corporeo, inizia a strutturarsi in maniera sempre più autonoma e a maturare i suoi svezzamentoorgani e apparati. Per compiere questa impresa ciclopica ha bisogno di un buon nutrimento che lo aiuti quindi a formare delle basi solide che costituiranno il punto di partenza per la sua vita futura.
Subito dopo la nascita il bambino è in grado di assimilare e metabolizzare sostanze semplici e simili a quelle che ha ricevuto durante l’arco della gravidanza.
Appena nato inizierà, attaccandosi al seno, a prendere dalla madre il colostro, liquido denso e giallognolo chiaro che può essere considerato, come composizione, una via di mezzo fra il sangue e il latte materno.
Il colostro è una sostanza importantissima per lo sviluppo dell’apparato gastroenterico e non solo.
Infatti è molto ricco di macrofagi e anticorpi materni che hanno la funzione di proteggere il bambino conferendogli una immunità naturale utile per il primo periodo di vita e la prima esposizione al mondo circostante.
Inoltre è importante per la mucosa intestinale in quanto la protegge costituendo come un rivestimento interno che non permette il passaggio in circolo di molecole più grosse responsabili di una eventuale attivazione di forme allergiche.
Ultimamente infatti si dà sempre più importanza alla permeabilità intestinale come concausa dell’insorgenza di malattie allergiche e autoimmuni. Dopo il colostro inizia, nella maggior parte dei casi, l’allattamento al seno.
Il latte materno costituisce quanto di meglio possa esserci per la crescita del bambino in quanto è in grado di supplire a tutte le necessità fisiche e emotive del neonato. Presenta una concentrazione adeguata di proteine, grassi, vitamine, oligoelementi adatte per i primi mesi di vita, oltre a offrire anticorpi utili nelle prime fasi di vita quando ancora il sistema immunitario non è in grado di reagire adeguatamente.
Inoltre il latte materno contiene degli enzimi in grado di aiutare la digestione di strutture complesse come quelle dei grassi, possiede una giusta proporzione fra calcio e fosforo che ne permette un migliore assorbimento, cambia come composizione nel corso della giornata seguendo le necessità del bambino.
Svolge poi un ruolo fondamentale nell’instaurare precocemente quel legame madre e figlio così importante per lo sviluppo emotivo del bambino. Il passaggio successivo è quello dello svezzamento cioè di quella fase in cui il neonato da una alimentazione liquida, lattea, passa a una solida in cui si iniziano a introdurre alimenti diversi in modo che possa assorbire sostanze sempre più necessarie nelle fasi successive della sua crescita.

E’ arrivato il momento
Il momento in cui cominciare è differente da bambino a bambino e in genere è in relazione al manifestarsi di almeno due dei seguenti segnali:

· l’inizio della dentizione. I primi denti costituiscono la manifestazione esterna di un cambiamento che si sta attuando nell’apparato digerente che rende possibile la digestione e l’assorbimento di sostanze più complesse e estranee al bambino. Il latte infatti è un liquido prodotto dalla madre, da quell’organismo con cui ha condiviso nove mesi di gravidanza e che ha imparato a conoscere e verso il quale in genere non ci sono reazioni immunitarie.

· l’interesse del bambino nei confronti del cibo. Quando inizia a mimare i movimenti masticatori o è attratto da quello che vede a tavola e cerca di afferrarlo e di metterlo in bocca mostra il suo desiderio e il bisogno di alimenti nuovi.

· la posizione seduta è un altro segnale che ci indica che il bambino è in grado di far transitare correttamente il cibo.
In genere queste tre manifestazioni sono presenti quando il bambino raggiunge il sesto o il settimo mese di vita.

Il cucchiaino
Il passaggio da una alimentazione lattea a una solida implica l’introduzione del cucchiaino e quindi un cambiamento nella deglutizione che da infantile, caratterizzata dalla lingua bassa, passa a quella dell’adulto che implica un suo movimento verso l’alto, con attivazione di un muscolo, la lingua, fondamentale per la giusta conformazione del palato e dei denti. Un altro cambiamento che si mette in moto passando al cucchiaino è quello dell’attesa, infatti non può esserci una introduzione continua del cibo come avviene con il latte, il bambino infatti deve imparare a aspettare fra un cucchiaino e un altro. Si allenta poi il contatto con la madre o con l’adulto che gli dà da mangiare; insomma è un piccolo atto che mette però in moto cambiamenti a vari livelli. Per questo motivo è importante il primo contatto e come quindi lo si propone.

I primi inizi
Si consiglia di incominciare lo svezzamento con della frutta cotta a vapore o con poca acqua e di schiacciarla con una forchetta, evitando, se fosse possibile l’uso di minipimer o frullatori che producono aria nel cibo che può disturbare il bambino.
La frutta che dà in genere meno problemi è la mela o la pera, da preferire naturalmente se di stagione e biologiche.
Il bambino è un organismo plastico in continua evoluzione con un ricambio cellulare elevato particolarmente influenzato da quello con cui viene a contatto.
È quindi più sensibile all’assunzione di prodotti di sintesi presenti negli alimenti la cui concentrazione è stata calcolata per non essere dannosa per un adulto di 60 kg, ma non per un bambino di pochi mesi di vita.
Anche la stagionalità dovrebbe essere rispettata in quanto il frutto o la verdura che cresce naturalmente in quel determinato periodo dell’anno è la più adatta per le esigenze di quel momento.
Per esempio le fragole, che sono acquose, crescono in una stagione in cui c’è bisogno di rinfrescare maggiormente l’organismo, non ha senso quindi mangiarle in inverno dove invece c’è bisogno di calore e non di cibi rinfrescanti che possono solo indebolire l’energia dell’organismo.
La mela è presente quasi tutto l’anno ed è il frutto più digeribile oltre a avere un’azione protettiva su tutte le mucose dell’apparato digerente.
Un altro aspetto da considerare è la provenienza; sono da preferire infatti quelle di coltivazione locale o più vicina a dove viviamo sia per l’impatto sull’ambiente, dato da viaggi transoceanici, sia per l’uso maggiore di conservanti che devono essere usati per bloccarne la maturazione e il loro deterioramento.
Inoltre più l’alimento è coltivato in altri paesi, maggiori differenze ci saranno nel suolo e negli oligoelementi assorbiti da esso che vanno poi a arricchire il frutto o l’ortaggio. Il fabbisogno delle persone che vivono in una certa area è differente rispetto a quelle che stanno dall’altra parte del pianeta, a lungo andare nutrirsi di cibi provenienti da paesi lontani indebolisce l’organismo e lo rende più suscettibile a malattie. Se con la mela cotta il bambino non ha problemi particolari, non compaiono eruzioni, né dolori addominali o feci non digerite si può passare dopo circa una settimana alla mela cruda grattugiata e poi alla pera prima cotta e poi cruda.
La frutta, in genere da dare a metà mattinata, può poi essere arricchita con frutta secca come l’uva passa, particolarmente ricca di ferro.

Arriva la pappa
Una volta che il bambino impara a deglutire e a digerire il nuovo alimento si può passare alla tappa successiva che è quella di sostituire la poppata di mezzogiorno.
Si parla di pappa salata non perché si introduca il sale, che in genere va evitato fino almeno all’anno del bambino e poi aggiunto in quantità minime durante la cottura in quanto crudo tende a depositarsi nei tessuti e a indurirli, ma perché è composta di farina di cereali e verdure ricche di sali minerali.
La pappa salata si prepara facendo bollire in circa un litro di acqua una carota, quando il liquido di cottura si dimezza lo si lascia raffreddare per poi stemperare due cucchiai di farina di riso bianco facendo in modo che non si creino grumi e cuocendo il tutto per circa 20 minuti mescolando durante la cottura per non farla attaccare.
Si preferisce iniziare con la carota per la sua digeribilità, per il contenuto di zuccheri facilmente assimilabili e per la presenza di vitamine e oligoelementi necessari per la crescita del bambino.
Dopo 3-4 anche 5 giorni se non ci fossero reazioni particolari si può aggiungere alla pappa la carota schiacciata e trascorsi alcuni giorni un’altra verdura all’inizio solo per fare il brodo e poi schiacciata.
Le verdure, come si diceva prima, devono essere, per quanto possibile, biologiche e soprattutto di stagione cercando di evitare il più possibile nel primo anno quelle della famiglia delle Solanacee (patata, pomodoro, melanzana e peperone) in quanto contengono le solanine, alcaloidi con azione deprimente sul sistema nervoso centrale.
Le verdure più indicate dopo la carota sono la zucca, il finocchio, il sedano, le coste, le erbette, la lattuga, le zucchine, per arrivare verso il decimo mese ai cavoli, al porro e alle cipolle sempre però scegliendole in base alla stagione in cui crescono.
Da evitare, almeno fino all’anno gli spinaci e i carciofi troppo ricchi di ossalati.
A questo punto il bambino a metà mattina prenderà la mela e a mezzogiorno la pappa e per il resto ancora il latte materno o di altro tipo se la madre non può più a allattarlo.
Fra i vari tipi di latte le alternative a quello materno possono essere o il latte di capra, più simile come composizione soprattutto per la parte proteica e quindi meno allergizzante di quello di mucca, o latte vegetale soprattutto quello di riso o di mandorle.
Le farine da usare fino al nono mese sono quelle senza glutine e quindi riso, mais, miglio, grano saraceno e poi tapioca che è una fecola estratta dalla radice e dai tuberi di una pianta.
È importante non introdurre troppo presto le farine con il glutine, che costituisce la parte proteica del grano, in quanto in questa fase la mucosa intestinale non è ancora adatta a digerirla e può dare luogo a irritazioni locali con difficoltà a assorbire altri elementi indispensabili per lo sviluppo e il funzionamento dell’organismo del bambino come per esempio il ferro o il calcio. Inoltre un problema di cui si discute ultimamente è il contenuto più elevato rispetto al passato di glutine nelle farine di grano.
Sono state selezionate farine più proteiche che rendono meglio nella cottura e nella panificazione a scapito però della possibilità di digestione e assorbimento.
Non a caso in questi ultimi anni si riscontra un aumento di bambini celiaci, che non hanno la capacità di scomporre il glutine in aminoacidi assorbibili poi dal tratto intestinale, o di persone intolleranti a questa sostanza.

La pappa a cena
Una volta che il bambino avrà accettato la pappa del pranzo si potrà sostituire la poppata serale con un’altra pasto.
All’inizio si può preparare una pappa dolce più rilassante, senza dolcificanti, ma con un sapore naturalmente dolce.
Si può preparare del latte di riso in cui si stempera della farina di un cereale e lo si cuoce per almeno 20-40 minuti, secondo il tipo, a cui si aggiungono delle uvette. A fine cottura si possono poi tostare e tritare alcune mandorle per arricchire il cibo con delle sostanze ricche di calcio.

Nono mese
Verso il nono mese alla pappa del giorno si possono aggiungere semi tostati e tritati come quelli di girasole o di zucca o del sesamo o dei pinoli con del prezzemolo anch’esso tritato particolarmente utile per aggiungere del ferro alla dieta del bambino.
Sempre in questa epoca si possono diversificare maggiormente le farine aggiungendo quelle di orzo, farro, grano, avena, segale oppure iniziando a dare delle pastine o il cous cous o il semolino, possono anche essere introdotte delle proteine vegetali come le lenticchie all’inizio decorticate e poi quelle di montagna fino a arrivare ai fagioli, piselli, fave e per ultimo ai ceci.
Anche i semi costituiscono una buona fonte di proteine vegetali come il formaggio di soia da introdurre una volta la settimana.
È sempre importante la gradualità nell’introdurre un cibo nuovo aspettando qualche giorno prima di ripeterlo per vedere se ci fosse una qualche reazione, la pazienza iniziale nell’introdurre cibi nuovi viene poi ripagata dal fatto che in questo modo si possono riconoscere eventuali reazioni ai singoli cibi. Se si introducono invece vari cibi insieme è più difficile capire quale sostanza possa avere determinato una reazione negativa nell’organismo inoltre si mettono in moto troppi meccanismi digestivi che è meglio attivare lentamente.
Dall’anno si possono iniziare a introdurre una volta il giorno le proteine animali iniziando con il formaggio di capra o di pecora per passare al pesce, non di allevamento, cotto al vapore e mischiato alla pappa o dato da solo con delle verdure cotte di contorno. È preferibile del pesce come la sogliola o il pesce azzurro, da evitare i frutti di mare e i crostacei in quanto ricchi di istamina e quindi particolarmente allergizzanti.
Si può poi passare alla carne iniziando con quella di piccoli animali come il coniglio o il pollo stando attenti che siano animali non trattati.
Anche l’olio può essere introdotto in questo periodo preferendo quello spremuto a freddo e alternando l’olio di oliva a quello di semi (girasole, sesamo, lino) particolarmente ricchi di vitamina E, e con un giusto rapporto fra Omega 3 e 6. Anche i condimenti salati possono essere aggiunti per iniziare a dare più sapore al cibo e più sali minerali, importante e non mettere il sale direttamente sul cibo ma farlo cuocere oppure usare dello shoyu (salsa di soia) o del gomasio (sale e sesamo tostati e tritati).
Verso i 18-24 mesi si può poi aggiungere alla dieta l’uovo prima solo il tuorlo e poi tutto intero. In un arco di tempo variabile da bambino a bambino si sostituirà la poppata del mattino con latte di capra o di mucca o di riso, o di altri cereali o con orzo o tè deteinato come quello giapponese a rametti (kukicha) accompagnati da fette biscottate o gallette di riso con malto o sciroppo d’acero o creme di nocciole o mandorle.
Per la poppata del pomeriggio si può optare per la frutta o per lo yogurt.

Alla fine di tutto questo processo il bambino arriverà a mangiare di tutto, aspetto fondamentale per il suo equilibrio in quanto l’entrare in contatto con tutti i regni della natura e quindi con differenti forme delle varie sostanze gli permetterà di assorbirle e di utilizzarle al meglio in modo da poter far fronte alle varie richieste a cui quotidianamente l’organismo umano è sottoposto.

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