L'essere umano ha una capacità del tutto peculiare di modificare l'ambiente secondo le proprie esigenze ed aspettative. Qualsiasi specie vivente lo fa, ma noi lo facciamo in misura estrema, e così facendo arriviamo a modificare noi stessi molto più di quanto sia possibile alle altre specie viventi.
Due milioni di anni fa abbiamo iniziato ad applicare il fuoco alla cottura degli alimenti, e ciò ha modificato radicalmente l'assimilazione del cibo, e di conseguenza la nostra struttura fisica: il corpo si è trasformato, il sistema nervoso si è sviluppato ed è diventato più complesso. Questo mutamento ci ha reso capaci di creare tecnologie sempre più sofisticate ed efficaci, ma data la rarefazione della popolazione e le condizioni di vita molto diverse da quelle attuali, esse si sono comunque mantenute entro limiti ristretti per centinaia di migliaia di anni.
Fino all'avvento dell'agricoltura stanziale, intorno a diecimila anni fa, il pensiero razionale era solo una delle qualità in gioco nella vita quotidiana. Ci vuole molta razionalità per sopravvivere in un ambiente naturale con una minima tecnologia, perciò i nostri antenati non ne erano certo sprovvisti. Però altre funzioni e sensibilità sono altrettanto necessarie in quel contesto, come mostra il modo di vivere di popoli cacciatori – raccoglitori: l'immersione nella sacralità dell'esistenza, l'apertura a percezioni e conoscenze non basate sui sensi, un rapporto fluido ed “alla pari” con il mondo del sogno, e così via.
Con l'agricoltura tutto cambia: nascono la storia, la divisione del lavoro, le leggi e la necessità di fissare per iscritto accordi ed eventi. La tecnologia si sviluppa sempre più rapidamente, e la trasformazione dell'ambiente diventa sempre più profonda e veloce. Il linguaggio, il pensiero astratto e la logica si affinano fino a dominare quasi completamente il vissuto di ognuno, mentre le altre dimensioni dell'essere sono progressivamente relegate nell'inconscio. Però, anche se neglette, esse restano sempre potenzialità e necessità dell'essere umano che non possono essere cancellate, e che se non sono riconosciute sono destinate a riemergere in altre forme.
Oggi ci troviamo ad un punto critico del nostro percorso evolutivo. La tecnologia attuale è in grado di modificare profondamente l'ambiente esterno, ed i nostri problemi ecologici sono lì a mostrarci quanto lo facciamo partendo da una base del tutto insufficiente di conoscenza: modifichiamo per scopi frammentati e transitori un equilibrio che non comprendiamo affatto, ed il risultato non può essere che negativo. Per di più la tecnologia, attraverso sostanze chimiche e strumenti elettronici diventa sempre più capace di agire anche sul mondo interno – riguardo al quale siamo ancora più ignoranti - modificando le emozioni e le percezioni, e persino i ricordi, aprendo prospettive nuove ed inquietanti.
Tutto ciò accade per la prima volta nella storia conosciuta dell'umanità, ed è un segnale chiarissimo del fatto che abbiamo esagerato nel procedere solo in una direzione. Lo sviluppo del pensiero razionale ed il tentativo fatto dalla scienza di mantenere un rapporto il più possibile obiettivo con il mondo sono tesori preziosi, ma devono essere parte di una varietà più ampia di approcci.
Se si prendono per un momento le distanze dallo sviluppo vorticoso di scienza e tecnologia, si vede chiaramente come esso riduce progressivamente l'ampiezza del mondo interiore, inibisce l'esperienza del nostro essere nel mondo e l'apertura verso realtà più profonde e grandi di noi. Queste esistono, ma non possono essere misurate o definite secondo leggi scientifiche, perciò sfuggono all'attenzione di una coscienza proiettata nell'astrazione, che sperimenta solo ciò che è codificato in parole. Vengono negate senza essere investigate.
In una cultura tutta proiettata all'esterno è più che mai necessario guardare all'interno e fare quiete. Nella quiete si materializza la possibilità di trovare noi stessi al di là di pensieri e convinzioni, e di aprirci ad una dimensione superiore. Intelletto, emozioni, coscienza, pensieri, azioni, sensazioni, percezioni, sono un grande e ramificato albero le cui radici attingono alla quiete interiore, che mette in contatto con la sorgente che sostiene l'esistenza.
Il Qigong è una pratica che aiuta ad avviarci in questa direzione, un percorso che conduce progressivamente ad una consapevolezza diversa, profondamente radicata nel corpo ma aperta al di là di noi stessi.
Invece di guardare solo fuori, come è dato per scontato nella nostra civiltà, si impara a guardare anche dentro. Ma guardare in profondità, perché non si tratta semplicemente di riflettere su noi stessi. Quando riflettiamo su qualcosa, in realtà siamo ancora fuori di noi stessi, perché ci riferiamo a percezioni che abbiamo sperimentato ed a concetti che abbiamo sviluppato intorno ad esse. La civiltà moderna guarda fuori persino quando cerca di guardare dentro, appunto perché manca l'idea stessa di quiete. Come è stato scoperto già millenni fa, la strada è un'altra: bisogna tranquillizzare la mente.
Quando iniziamo a praticare Qigong lo facciamo necessariamente secondo l'impostazione con la quale siamo stati educati. Cerchiamo di capire, capire, capire. Come va fatto un certo movimento, come sono strutturati i punti ed i canali, cosa è il Qi, “come devo fare per ottenere un certo risultato”? Questo approccio è inevitabile, all'inizio, ma non conduce lontano, anzi alla lunga è frustrante. Bisogna stare tranquilli, molto più tranquilli di quanto sperimentiamo nella vita ordinaria, e bisogna ritornare a giocare con serietà. Allora si imbocca la strada giusta.
All'inizio si lavora sulle articolazioni, sull'equilibrio, sul corpo nel suo insieme, ma ad un certo punto si incontra qualcosa che non conosciamo: sono le prime percezioni del qi che si muove. È una scoperta che si accompagna necessariamente a molti dubbi: cosa è reale e cosa è immaginario? Cosa è “fisico” e cosa è “energetico”?
Sarà solo una pratica costante a risponderci, perché ragionarci sopra non porta molto lontano. Anzi, più la mente si tranquillizza più la percezione aumenta. Non è che l'intelletto non serva più, tutt'altro, ma il suo ruolo è ridimensionato, ed esso lascia più spazio alla consapevolezza libera da preconcetti.
Per percepire, per distinguere, per comprendere questa nuova condizione è necessaria la quiete: non solo il corpo ma anche la mente devono essere tranquilli e rilassati. I pensieri calmati. Allora l'attenzione si focalizza spontaneamente sull'energia, consapevolezza ed energia si fondono sempre più, il corpo si rigenera e la mente si rinfresca. Questo processo è una cosa sola con la nostra salute, perché la possibilità di riposare per un poco ogni giorno nella gioia e nel piacere dell'essere beneficia in modo evidente il corpo e la mente.
In seguito, quando ci si è sufficientemente ambientati in questa dimensione, se ne aprono altre molto più profonde, legate alla coscienza ed alle sue possibilità ancora quasi inesplorate.
Tutte le speculazioni sui riflessi nervosi, sulle endorfine o sugli ormoni, benché utili ad una comprensione razionale dell'argomento, sono parziali e sopratutto non avvicinano a sperimentare di cosa si tratta, a comprenderlo in profondità. Questo perché si applica uno strumento, il ragionamento analitico, deduttivo, che non si è sviluppato per questo scopo, ma che si è dimostrato talmente efficace in altri campi che ha finito per essere considerato l'unico legittimo in qualsiasi campo.
Il pensiero razionale, analitico, si muove sempre per realizzare uno scopo. Dall'infinita complessità dell'esistenza ritaglia un piccolo ambito e cerca di controllarlo meglio che può per realizzare uno scopo. È una capacità fondamentale per la sopravvivenza, il suo valore non può essere negato. Tuttavia si deve essere consapevoli che si tratta di un ambito ristretto della realtà, non dell'intera realtà, e che ignorare gli altri ambiti crea problemi molto seri.
Nella pratica della quiete si percorre l'altra via, complementare a quella del pensiero riflessivo: si cerca di calmare la mente ordinaria affinché si manifesti una intelligenza più profonda e vasta. Tale manifestazione può avvenire solo in maniera spontanea, non si può determinare a volontà.
Inserito in questo contesto anche il pensiero razionale diventa più chiaro e concreto, e può svolgere meglio il suo ruolo. Non è più l'incontrastato padrone di casa, ma parte di un insieme di capacità.
Quello che succede nella pratica del Qigong non è solo un percorso personale, ma è parte di un percorso evolutivo più ampio, che riguarda tutti. Senza una attenzione adeguata al mondo interiore la nostra specie rischia di precipitare nel sogno trans umanista di modificare a nostro piacimento noi stessi e l'ambiente, con conseguenze che ormai dovrebbero esserci chiare. È necessario equilibrare questa nostra spinta naturale, se vogliamo che non ci distrugga. Vale per ognuno di noi, nel corso della nostra vita quotidiana, e vale per la specie umana nel suo insieme.
Questa possibilità di apertura è il vero tesoro dell'essere umano, il suo potenziale di evoluzione. La consapevolezza dei nostri limiti e l'apertura al mondo spirituale sono parti fondamentali di ciò che ci rende umani, almeno quanto la nostra capacità di modificare l'ambiente e creare costruzioni logiche. Non si può privilegiare un solo aspetto di questa realtà che è unitaria.
Sicuramente esistono molte vie che conducono verso un maggiore equilibrio e favoriscono l'esplorazione interiore, ognuna con i suoi meriti e limiti. Nel caso del Qigong si tratta di una via molto “laica”, nel senso che non si basa su credenze o fedi ma nasce e si sviluppa nella ricerca e nell'esperienza: si lavora sul corpo, sull'energia e sulla consapevolezza, avendo come riferimento primo il benessere e la salute. Si affina la quiete, nella quale si manifesta una parte profonda e vera di noi stessi. È una via che cerca l'armonia con la natura, sia quella che si manifesta nell'ambiente e nelle sue trasformazioni, sia quella del nostro essere più intimo.
I santi e gli illuminati sono molto rari, ma anche noi persone ordinarie possiamo trovare almeno un equilibrio ed una salute migliore, insieme ad un modo più umano di agire nel mondo. Infatti, ognuno ha al suo interno quella sorgente, e può scoprire la sua strada per attingervi.