Dopo vari anni mi è tornata la voglia di parlare di vaccini. Non perché non l’abbia fatto in tutto questo periodo, anzi. Metà delle prime visite che faccio in studio ai bambini nati da poco, sono incentrate proprio su questo tema. Non ne ho però più parlato in pubblico, né organizzato dibattiti; in parte anche perché circolano più informazioni. Sono stati infatti pubblicati vari libri che approfondiscono l’argomento, e almeno qui a Firenze, ci sono incontri periodici che possono dare un aiuto a chi cerca delle risposte diverse. Mi rendo però conto, quando parlo con i genitori, che c’è ancora bisogno di un sostegno più capillare e ripetuto da più parti.
Ho pensato quindi di fare il punto sui vaccini con osservazioni legate alla pratica clinica, cioè a quello che vedo quotidianamente nel mio ambulatorio, e alla visione di salute e malattia che sottende la mia scelta terapeutica. Non saranno annotazioni legate a numeri o statistiche, preferisco non addentrarmi in un campo che non ritengo così oggettivo. I dati infatti possono essere letti in modo differente secondo il punto di vista dell’osservatore oppure essere raccolti già in modo parziale.
Vorrei invece sottolineare i dubbi che ho sulla pratica vaccinale e che riguardano:
Le comunicazioni dall’ASL
I neogenitori ricevono dall’unità sanitaria locale una lettera in cui sono elencate le varie vaccinazioni a cui devono “sottoporre” i loro figli.
Alcuni distretti la intitolano “Calendario vaccinale” altri, più correttamente, “Vaccinazioni raccomandate”. Generalmente non è accompagnata da altre informazioni per cui il tutto passa come qualcosa che bisogna fare senza chiedersi più di tanto il perché. Anche nel momento del vaccino non si danno informazioni o se vengono accennate, di solito sono alquanto terroristiche: “malattie mortali che sono state debellate grazie all’introduzione della pratica vaccinale, ma che sono sempre in agguato soprattutto per la presenza di extracomunitari”, aumentando così la paura dello straniero già abbastanza sentita nella nostra società. Alcuni a volte citano dati non meglio precisati e su questi invito i genitori a chiedere le fonti e a non farsi confondere da cifre dette con sicurezza. Si hanno tutti i diritti di non accettare in modo scontato le informazioni che si ricevono. In ogni caso non si spende una parola sui possibili effetti collaterali che come ogni pratica medica ha. L’informazione in Italia, e non solo, passa dalle ditte che producono i farmaci, per non parlare poi della possibilità per alcuni vaccini, come per esempio l’antifluenzale, di avere da parte del medico dei bonus economici per ogni dose somministrata.
Ritornando al calendario vaccinale il bambino nel primo anno di vita come minimo riceve per tre volte l’esavalente quindi 18 stimoli antigenici. Se ci fermassimo un attimo a pensare, mai nella nostra vita, in situazioni naturali, si è sottoposti all’attacco di sei stimoli che colpiscono contemporaneamente il sistema immunitario tra l’altro attraverso una via, quella intramuscolare, che non è quella fisiologica. Usualmente la maggior parte dei microrganismi usa altre strade per arrivare nel circolo sanguigno. Entra in contatto, per prima cosa, con i tessuti linfatici o della gola o del naso o dell’intestino, dove viene riconosciuto come corpo estraneo e quindi preparato e smontato in modo tale che l’organismo possa ricevere l’antigene in una forma più proficua per la produzione di anticorpi specifici. Questi passaggi sono quelli che permettono la formazione di una immunità che, nella maggior parte dei casi, dura tutta la vita (vedi per esempio malattie quali morbillo, parotite, rosolia ecc…) e non per pochi anni come succede per l’immunità prodotta dal vaccino.
Il calendario vaccinale
L’altro problema riguarda il momento in cui si effettuano i vaccini. Quando nasce il bambino ha un sistema immunitario immaturo. Durante l’allattamento è protetto dal latte materno con il suo contenuto di sostanze specifiche (immunoglobuline di tipo Ig A e Ig G) e aspecifiche che, a vari livelli, facilitano il superamento di eventuali infezioni. Questo periodo di vita è estremamente delicato sotto vari punti di vista, il bambino mette le basi per la successiva crescita e anche per lo sviluppo armonico del sistema immunitario. Interferire in questa fase può, per alcuni soggetti più esposti, alterare la risposta. Inoltre in una fase così precoce della vita si hanno maggiori difficoltà a identificare i soggetti più a rischio, quando il bambino è più grande lo si conosce maggiormente e più facilmente si possono identificare le situazioni che potrebbero portare a delle reazioni post vacciniche.
Gli effetti collaterali
I danni da vaccino possono essere più o meno gravi e a breve, che si manifestano dopo poco tempo dalla somministrazione, o a lungo termine, con insorgenza che il più delle volte non si mette in relazione con il vaccino. I danni a breve termine possono essere poi letali o gravi (come nel caso di deficit neurologici o di importanti forme allergiche) o di media entità (come nel caso di abbassamento nei giorni successivi delle difese con una possibilità di ammalarsi, oppure possono presentarsi delle febbri improvvise senza altra sintomatologia, o alterazione temporanea del sonno e/o dell’umore). Per quanto riguarda i danni a lungo termine il discorso si fa più complesso. I vaccini infatti attivano in modo anomalo il sistema immunitario: in situazioni fisiologiche la reazione verso aggressioni esterne è modulata dai linfociti T di tipo 1 e da quelli B di tipo 2. I primi sono responsabili della risposta verso microrganismi intracellulari in quanto vanno a aggredire le cellule infette. I secondi invece si attivano nel momento in cui si è attaccati da microrganismi che si localizzano fuori dalle cellule (batteri, alcuni virus, parassiti, sostanze inquinanti) producendo anticorpi circolanti. Nel momento acuto una delle due parti prevale e l’altra resta in secondo piano per ritornare in una situazione di equilibrio nel momento di risoluzione della infezione. Se un microrganismo o parte di esso passa direttamente nel sangue o se siamo di fronte a un sistema immunitario immaturo si può determinare una attivazione cronica di una delle due parti con conseguenze diverse secondo la persistenza della risposta dei linfociti T o B. Per esempio i vaccini a virus attenuati, quindi non uccisi come possono essere quelli contro il morbillo, la rosolia, la parotite, l’influenza e la varicella, stimolano la risposta linfocitaria T di tipo 1. Se, come dicevo prima, questa diventasse eccessiva o cronica si potrebbero sviluppare nel tempo malattie autoimmuni o degenerative. Mentre nel caso di vaccini formati da tossine o da virus uccisi o da frazioni microbiche, la stimolazione eccessiva dei linfociti di tipo B può portare allo sviluppo di malattie di tipo allergico. Infatti fra le varie immunoglobuline prodotte da questi linfociti, possono aumentare in modo importante le Ig E responsabili della ipersensibilità.
Inoltre è difficile prevedere la reazione legata al mix di vaccini, infatti in genere non vengono effettuati da soli ma mischiati, rendendo ancora più difficile capire la reattività dell’organismo. Come dice bene il titolo di un libro che si occupa della relazione fra vaccini e autismo, la pratica vaccinale è uno “sparo nel buio”, non conosciamo ancora gli individui a cui li somministriamo, le loro predisposizioni e la loro tendenza a livello immunitario. Non sappiamo neppure quale possa esserne la sinergia nell’alterare la risposta difensiva mettendo in una stessa siringa più vaccini.
Gli eccipienti
Oltre ai principi attivi sono contenuti nei vaccini altre sostanze quali l’idrossido di alluminio, la formaldeide e tracce antibiotiche. La funzione di queste sostanze è da una parte quella legata al bisogno di disinfettare la soluzione (vedi formaldeide e antibiotico) e dall’altra alla necessità di sostanze irritanti locali con la funzione di stimolare e aumentare la risposta immunitaria, come nel caso dell’alluminio, sulla cui tossicità oggi si sa parecchio soprattutto per quanto riguarda gli effetti sul tessuto cerebrale. Ci sarebbe poi da dire molto sugli effetti dei metalli pesanti nel nostro organismo, come anche sul fatto che ciascun individuo può reagire in modo differente allo stesso quantitativo. Per esempio si è visto che il deposito nei tessuti aumenta in carenza di zinco, magnesio, ferro e silicio, come anche che la maggiore o minore permeabilità della barriera encefalica è in relazione con le concentrazioni nel cervello. Anche in questo caso stiamo da una parte ragionando come se tutti gli organismi avessero la stessa capacità di assorbire o eliminare i metalli e come se il quantitativo presente in un singolo vaccino fosse al di sotto del livello di tossicità per un neonato. La dose tossica è stata infatti quantificata per un adulto di circa 70kg! Inoltre nel primo anno di vita il bambino riceve almeno 4 o 5 iniezioni in cui è presente l’idrossido di alluminio.
La formaldeide invece viene citata in quantità non superiore a 0,001 mg, è indicata nei testi come potenziale cancerogeno e mutageno oltre a non conoscere l’impatto che questa può avere se iniettata in un bambino di tre mesi di vita. Non parlerò di mercurio perché da qualche anno è stato eliminato dalla composizione dei vaccini, dicendo solo ora che è una sostanza tossica quando fino a non molti anni fa si parlava della presenza nei vaccini di una dose insignificante al di sotto dei livelli tossici (sempre considerando il solito adulto di 70 Kg).
La falsa prevenzione
Quando si parla di vaccini si parla di prevenzione, francamente questa è un’altra cosa, la prevenzione è quella che va a fortificare l’organismo in modo che sia in grado di reagire da solo. Il bambino deve sviluppare la capacità di allertarsi e produrre anticorpi adeguati per reagire alle malattie infettive e perché questo avvenga c’è bisogno a volte di ammalarsi. Alcuni studi hanno anche dimostrato una verità già visibile all’occhio clinico attento, che le malattie infettive dell’infanzia hanno la capacità di stimolare in modo fisiologico l’apparato immunitario così da renderlo più forte anche nell’età adulta preservandolo da malattie degenerative, allergiche e autoimmuni. La prevenzione prevede anche un ritmo di vita adeguato all’età del bambino, una gravidanza non medicalizzata, un allattamento materno o l’uso di latte artificiale possibilmente biologico, uno svezzamento lento con l’introduzione del glutine dopo il nono mese, di una sostanza alla volta e di prodotti senza conservanti, coloranti, pesticidi, con verdura e frutta di stagione. Anche l’uso il più possibile limitato di farmaci soprattutto di antibiotici, cortisone e vaccini aiuta a formare le proprie difese in modo più attivo. In ambulatorio vedo bambini vaccinati e altri no o che sono stati vaccinati parzialmente. Inutile dire che percentualmente i bambini ipervaccinati si ammalano di più, fanno fatica a uscire da ripetizioni della stessa patologia: bronchiti, tonsilliti o otiti, oppure soffrono più spesso di forme allergiche. I bambini invece poco e per nulla vaccinati hanno più risorse a volte possono anche ammalarsi, ma risolvono più velocemente e in genere non ripetono la stessa patologia.
La terapia
Se invece le vaccinazioni sono già state fatte e si è avuta qualche reazione più o meno grave c’è la possibilità di intervenire con rimedi omeopatici scelti in relazione alla sintomatologia e alla costituzione del bambino. Inoltre alcuni medici affiancano una terapia omeopatica con consigli dietetici e prodotti per allontanare i metalli pesanti qualora questa possa essere una concausa nella manifestazione dei sintomi.
Il tetano
Per finire volevo accennare qualcosa sulla vaccinazione antitetanica perché può essere una di quelle che i genitori possono scegliere di fare oltre a essere uno dei vaccini che esiste in commercio in forma singola. Non c’è qui lo spazio per parlare di ogni vaccino e della sintomatologia delle varie malattie, quello che si può dire è che mentre le vaccinazioni storiche antidifterite e antipolio che si continuano a fare sono contro malattie che ormai sono scomparse e, soprattutto per quanto riguarda la polio, non facilmente trasmissibili da noi. Da quando è stata costruita una valida rete fognaria infatti sono diminuite anche altre malattie a trasmissione oro-fecale (feci-catena alimentare) come il tifo, il colera e l’epatite A che non sono mai state considerate come possibili malattie per cui effettuare una vaccinazione di massa. Inoltre sempre nell’esavalente c’è l’antiepatite B della quale non si capisce l’utilità visto la trasmissione poco facile in un bambino (sessuale o tramite sangue) e visto la diminuzione di nuovi casi anche grazie all’uso di sterilizzatrici più appropriate e di strumenti usa e getta. C’è anche l’Hemophilus influentiae che fa parte di quella campagna antimeningite che comprende le vaccinazioni antimeningococco e antipneumococco che si effettuano sempre nel primo anno e mezzo di vita. Il discorso su queste vaccinazioni è lungo, lo posso sintetizzare dicendo che i casi di meningite, da quando sono stati introdotti i vaccini, sono rimasti numericamente gli stessi perché i microrganismi che causano la meningite sono vari per cui possono diminuire quelle causate da un certo agente infettivo, si fanno però spazio nuovi microrganismi che magari prima rimanevano più sullo sfondo. Insomma in natura i vuoti sono poco apprezzati e quando si formano c’è un nuovo virus o battere che li va a occupare.
Per tornare al tetano questa è un’infezione che può avvenire quando un bambino, di solito più grandicello di tre mesi, si fa una ferita profonda in cui resti del terriccio contaminato da feci di cavallo o di mucca (erbivori a lungo intestino). Il bacillo del tetano tende a crescere in assenza di ossigeno e quindi in ferite non pulite in profondità o che vengono subito chiuse da cerotti; produce la tossina che causa la sintomatologia tetanica per interessamento delle radici nervose. La prima cosa da fare quindi in caso di una ferita a rischio è quella di lavarla bene per pulirla il più possibile, di non medicarla subito con cerotti e di disinfettarla con acqua ossigenata (per il suo contenuto di ossigeno) o con tintura madre di iperico sciolta in pari quantità di acqua.
Alcuni genitori però vanno in ansia sul fatto di non vaccinare il loro figlio contro il tetano, in questo caso vale la pena di farla, ma con dei tempi più tranquilli rispetto a quelli indicati nel “Calendario Vaccinale”. Intanto prima dell’anno non ha tanto senso vaccinare il bambino in quanto ancora non è in grado di muoversi, poi sarebbe consigliabile fare la seconda dose fra i 9 e i 12 mesi dopo la prima e così la terza in modo da dare all’organismo il tempo di smaltire i vari eccipienti del vaccino che come nel caso di alluminio possono accumularsi.
Per chi volesse approfondire ulteriormente l’argomento ci sono alcuni libri di più o meno facile lettura:
Roberto Gava - Le vaccinazioni pediatriche, Ed. Salus Infirmorum, 2006;
Eugenio Serravalle - Bambini super vaccinati, Ed. Il leone verde, 2009;
C. Benatti, F. Ambrosi, C. Rosa - Vaccinazioni fra scienza e propaganda, Ed. Il leone verde, 2006