Una alimentazione adeguata alle reali necessità dell'organismo è un aiuto importante nel percorso di guarigione da un tumore, perché rafforza le difese naturali e facilita l'allontanamento delle sostanze tossiche e dei depositi che alterano processi fisiologici fondamentali. Perciò, se è vero che, date le abitudini alimentari nocive che distinguono le società ricche come la nostra, tutti dovremmo sforzarci di migliorare la nostra alimentazione, quando si affaccia la sfida del tumore questa esigenza diventa assolutamente pressante. Allo stesso tempo – bisogna essere onesti – è anche il momento più difficile per farlo. Ci sono già tante ansie, tanti impegni, tanti sconvolgimenti di abitudini e sicurezze, che aggiungere un altro cambiamento sembra l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno.
Tuttavia non dobbiamo scoraggiarci ma affrontare la difficoltà con fiducia e senso pratico, sapendo fin dall'inizio che la scoperta di una nuova alimentazione è un passo che ci impegnerà molto, ma che ci avvicinerà di più al senso reale della vita, della salute, ed anche del rapporto con gli altri.
Auto responsabilità e potere
Chi ha la responsabilità dell'insorgenza del nostro tumore? È una domanda delicata, alla quale si può solo dare una risposta sfumata. Se affermiamo che la colpa è unicamente della società, dei suoi modelli di alimentazione e di vita, dell'inquinamento e dello stress, degli interessi economici di chi vende un cibo malsano e crea un ambiente nocivo, diciamo certamente una verità, ma allo stesso tempo confessiamo che siamo degli schiavi, incapaci di gestire e guidare la nostra vita. Ponendo la responsabilità della nostra malattia interamente al di fuori di noi stessi, ci neghiamo anche la possibilità di porvi rimedio. La conseguenza pratica e più comune di questo atteggiamento è che demandiamo a degli specialisti l'intera gestione del nostro problema, salvo pentircene quando le cose non vanno come avremmo desiderato.
Nelle civiltà antiche tradizionali, al malato era sempre attribuito un certo grado di responsabilità per la sua malattia: poteva aver infranto un tabù, poteva aver disatteso delle regole religiose o aver commesso un torto verso qualche essere vivente, o verso gli antenati, o verso l'Ordine stesso della Natura, anche senza accorgersene. È facile sorridere di una visione della vita di questo genere, ma essa contiene più saggezza di quanto sembri a prima vista. Lo sviluppo tecnologico e scientifico ci aiuta a superare credenze sbagliate, però ci illude facilmente di poter disporre a nostro piacimento della natura, che viene vista come una serie di processi casuali ed indipendenti dall'Uomo. Quando poi arriva la malattia, anch'essa sembra essere dovuta al caso, o alla “sfortuna”, ed allora cerchiamo di dominarla senza capirla. In realtà, il posto che ognuno di noi occupa nel mondo dipende in parte dalle scelte compiute dai nostri antenati, in parte dalla nostra società e dai suoi sistemi di valori, in parte è il prodotto di fenomeni naturali al di là della nostra possibilità di influenzamento, ma in buona misura dipende da scelte che abbiamo effettuate durante la nostra vita.
Alcune di queste sono state consapevoli: benché sapessimo che era meglio agire in un certo modo, per comodità o pigrizia abbiamo scelto di agire in un altro. Altre le abbiamo fatte senza neppure sapere che avevamo la facoltà di scegliere, a causa della nostra ignoranza e di quella della nostra cultura e società riguardo alla realtà delle cose. Se ci attribuiamo tutte le responsabilità forse esageriamo, ed in ogni caso ci carichiamo di un peso che pochi possono sopportare, ma se neghiamo la nostra parte di responsabilità ci condanniamo all'impotenza.
Se ci ammaliamo di un tumore, è importante riuscire a coniugare la responsabilità con l'accettazione. La sua origine non dipende interamente da noi, è vero, ma quello che fa la differenza per il nostro futuro è la disponibilità ad operare sulle cause che derivano dal nostro comportamento. Noi godiamo di un grado di libertà molto elevato, rispetto a tanti esseri umani che condividono con noi questo pianeta: possiamo scegliere cosa mangiare, come vivere, con chi dividere la nostra vita, che uso fare del nostro tempo libero, possiamo accedere con facilità a tantissime informazioni utili. È vero che non possiamo cambiare da un momento all'altro tutte le situazioni negative, ma perché non partire risolutamente da ciò che è in nostro potere? Possiamo scegliere ogni alimento e bevanda che entra nella nostra bocca con maggiore consapevolezza, possiamo guidare i nostri pensieri in modo più positivo, lasciare andare l'attaccamento alle cose ed alle persone inutili o dannose e, sopratutto, possiamo rigettare l'atteggiamento di impotenza e di negatività che il nostro problema ci ispira.
Quando questa trasformazione interiore si mette in moto, l'energia a disposizione cresce, la condizione del nostro organismo migliora immediatamente, e si aprono possibilità che prima non riuscivamo neppure a vedere. È questo che conta: è l'apertura di nuove strade che – è vero – non sono sempre sicure e conosciute come vorremmo, ma che rappresentano una opportunità assai migliore delle vie senza sbocco che scorgevamo davanti a noi fino a poco prima.
Cambiare la propria alimentazione è molto più che – ed è qualcosa di molto diverso dal – sottoporsi ad una “terapia”: è iniziare una strada di riscoperta di noi stessi, delle nostre esigenze fisiche, emotive e di relazione, delle nostre prospettive intellettuali e spirituali.
I mille volti dell'alimentazione
Le abitudini alimentari sono quelle che esercitano un effetto più diretto ed immediato sulle nostre condizioni di salute, ma nel corso del processo di trasformazione ci accorgiamo subito che esse sono inestricabilmente legate alle relazioni con famigliari ed amici, con le nostre emozioni, le nostre sicurezze ed insicurezze, ed in generale con il significato e lo scopo che attribuiamo alla nostra esistenza.
Quanto della nostra socialità passa attraverso il condividere certi cibi con famigliari ed amici? Che si tratti di piatti tradizionali o di panini al fast food, la condivisione del cibo è un legame tra esseri umani che risale ai primordi della vita sociale. Non è facile sentirci dire che il cibo che amiamo condividere non è quello adatto alle nostre esigenze. Peggio ancora, non piace neppure ai nostri famigliari ed amici, e non tutti sono in grado di accettare la nostra nuova scelta. Eppure si tratta di un passo così importante, e così profondamente vero, che vale bene lo sforzo che facciamo su noi stessi e quello rivolto a comunicare agli altri le ragioni del nostro cambiamento. Infatti, nel superare questa difficoltà entriamo più in contatto sia con noi stessi che con gli altri: alcuni amici si perdono, ma altri si avvicinano, ed in ogni caso ciò che se ne va è l'ipocrisia e la superficialità di certi rapporti. Se il rapporto con una persona è profondo, non lo si perde certamente per un cambiamento di abitudini alimentari, anzi, questo è uno stimolo per approfondirlo ulteriormente.
L'alimentazione veramente adatta alle esigenze dell'essere umano è molto diversa da quella che oggi viene comunemente seguita da tanti consumatori inconsapevoli e propagandata dalla pubblicità e dalle mode. Oggi si mangia una quantità spropositata di cibo animale, che dovrebbe invece essere consumato con moderazione; si consuma tantissimo zucchero sia da solo che come ingrediente di bevande, dolci, gelati, biscotti, merendine, mentre lo si dovrebbe abolire quasi del tutto; si assumono sostanze chimiche come conservanti, coloranti, aromatizzanti, stabilizzanti, del cui effetto sull'organismo si sa pochissimo, e che sarebbe prudente evitare; si beve di tutto, da quantità eccessive di alcol a soft drinks e bevande zuccherate, anche se è molto chiaro che non lo si dovrebbe fare. D'altra parte, gli alimenti che sono il cuore dell'alimentazione di un essere umano che vive in un clima temperato, e cioè i cereali integrali, le verdure, la frutta, l'olio ed il sale, l'acqua pura, sono quasi dimenticati.
Una alimentazione equilibrata, in fondo, è molto semplice: si tratta di mangiare cereali (in buona parte integrali), legumi, molte verdure cotte e crude, frutta, un po' di cibo animale di buona qualità (prevalentemente pesce pescato, ma per cambiare anche uova o carni bianche), bere di solito acqua, tè o tisane, lasciando un bicchiere di birra o di vino alle grandi occasioni. Tutto sommato, non è tanto difficile fare questo cambiamento, perché non si tratta di consumare alimenti strani o dal sapore assurdo, ma cibi genuini e tradizionali che possono essere preparati con mille ricette assolutamente deliziose. Non si può neppure dire che non sappiamo come fare, perché oggi ci sono molte occasioni per avvicinarci a queste informazioni, infiniti ricettari, e persone competenti che possono aiutarci.
La difficoltà nasce da tutto ciò che noi proiettiamo sul cibo: i dolci che mangiamo per consolarci di qualche problema emotivo, la carne che mangiamo nella illusione che sia un alimento che ci rende forti ed aggressivi, capaci di fare i conti con un mondo competitivo, il latte e lo yogurt zuccherati che ci fanno tornare infanti. E poi c'è la comodità: il formaggio ed i salumi sempre pronti in frigo per quando si ha fame, il cibo da scaldare in microonde, la bistecchina da fare ai ferri. E, ancora, c'è il ricordo lieto di certi piatti che appartengono alla nostra infanzia, o legati a dei momenti e delle relazioni felici.
Comodità, sicurezza, piacere immediato a scapito di qualsiasi considerazione di effettivo valore nutrizionale, sono meccanismi profondamente radicati dentro di noi che rendono difficile il cambio di alimentazione. Come esseri dotati di vita propria, le nostre abitudini tirano dalla loro parte, non vogliono morire. Hanno le loro ragioni, non si può negarlo: le abbiamo allevate per tanti anni, abbiamo dato loro il rango di aspetti importanti della nostra personalità e del nostro modo di relazionarci con gli altri, ed ora vogliamo metterle alla porta così, senza nessuna considerazione? Ci vuole pazienza e comprensione. Il terreno emotivo nel quale poniamo i semi della nostra nuova alimentazione va dissodato e curato senza fretta, come si fa con l'orto, senza scoraggiarsi perché ogni giorno altre erbacce spuntano vigorose, e sembrano sempre più forti delle verdure che vorremmo coltivare.
La “giusta” alimentazione
Quando finalmente decidiamo di cambiare, e ci impegniamo al meglio, compiamo un passo importante verso il miglioramento della nostra condizione. Adesso, però, deve entrare in gioco il desiderio di scoprire chi siamo davvero, quali sono le nostre vere caratteristiche ed esigenze: è il momento di raffinare il nostro approccio, rendendolo sensibile e misurato sulle nostre esigenze. Infatti, se su questo processo delicato e contraddittorio, pieno di compromessi, di vittorie e di arretramenti, gettiamo l'idea di una dieta ideale che - se seguita alla perfezione - ci libererà per sempre dalla malattia, è molto facile che ci stacchiamo dalla realtà e diventiamo ciechi alle nostre vere esigenze. Alla ricerca di una soluzione precisa e sicura, vorremmo scoprire il modo “giusto” di alimentarci, in modo di poterlo seguire sempre fino alla guarigione. Benché comprensibile, questo atteggiamento è utile al massimo nelle fasi iniziali del cambiamento di alimentazione, quando l'entusiasmo e la dedizione hanno la parte più importante. In seguito sono piuttosto la comprensione e la flessibilità a dover prevalere. Infatti, quella che siamo chiamati a compiere è una trasformazione naturale, graduale, umana e sensibile, non l'adeguamento ad uno schema..
Non c'è un singolo alimento miracoloso, né esiste un singolo modello alimentare applicabile rigidamente a tutti. È vero che cereali, verdure, legumi, frutta, poco cibo animale e condimenti naturali sono il modello di riferimento, ma al suo interno esistono tante variazioni quante persone che lo applicano. C'è chi ha più bisogno di proteine, o di lipidi, chi assimila meglio e chi peggio, chi deve mangiare tanto o poco, e così via. Partendo dallo schema di riferimento, dobbiamo ascoltare le nostre necessità ed imparare ad interpretare i segnali del nostro corpo, in modo da capire noi stessi sempre meglio. Si tratta di effettuare un percorso educativo, che nel tempo si rivela ricco di scoperte e di meraviglie.
Su questo cammino è indispensabile seguire dei corsi di cucina macrobiotica, che insegnano la logica dell'equilibrio tra gli ingredienti di un piatto e tra gli alimenti di un pasto, illustrano gli strumenti più adatti, l'uso corretto della fiamma in cottura, e molti altri aspetti di questa arte della salute. Infatti la cucina è lo strumento pratico della conoscenza, ed è cucinando e consumando i piatti che si sono preparati, che si capisce veramente il cibo.
Questa comprensione ci fa recuperare la nostra sensibilità naturale, che si era offuscata a causa di decenni di cibo inadatto e consumato in modo meccanico, e con essa ritroviamo la capacità di gestire il nostro organismo. Di conseguenza, aumenta vertiginosamente il nostro grado di libertà.
Dunque, recuperare la salute non è sottomettersi a nuove regole e privazioni, ma diventare più liberi.
La trasformazione interiore
Nessun percorso così importante e fondamentale può essere compiuto interamente da soli, perché l'essere umano è profondamente sociale. La nostra famiglia, i nostri amici e colleghi di lavoro, sono in un certo senso parte di noi stessi, e quando iniziamo a trasformare le nostre abitudini, inevitabilmente cambiamo anche il rapporto che abbiamo con loro.
Come ho già sottolineato, il sostegno della famiglia è fondamentale. Se non c'è questo sostegno, o peggio c'è opposizione, è estremamente difficile realizzare cambiamenti importanti. In tal caso è meglio limitarsi a cambiamenti minori, e comunque utili, come evitare lo zucchero ed i dolci sostituendoli con più frutta, mangiare meno cibo animale e più verdure, e così via. In questo modo si ottiene qualche vantaggio, si evita lo stress di un conflitto senza sbocco, e si lascia aperta la possibilità di cambiamenti più significativi in futuro.
Se invece l'appoggio della compagna o del compagno è assicurato, si possono veramente fare grandi cose, perché nasce un progetto di vita comune che rende tutti attrici ed attori indispensabili alla sua riuscita. Il rapporto si approfondisce e si rinsalda, perché il collaborare allo stesso obiettivo in modo pratico, concreto, e quotidiano, crea una comprensione, una gratitudine ed una fiducia reciproca superiori a quelle precedenti la malattia. Se affrontate nel modo giusto e con amore reciproco, le difficoltà aiutano ed uniscono, e la comprensione di poter fare qualcosa di efficace per il proprio problema, invece di dipendere unicamente da quello che i medici possono fare per noi, genera energia e fiducia nel futuro. Se poi il sostegno e la condivisione si allargano a parenti ed amici, allora si è davvero compiuta una svolta importante nella nostra vita.
L'organismo traduce la nuova libertà interiore ed il rinnovato rapporto umano in energia curativa, in processi fisiologici più armonici ed in maggiore vitalità. Corpo e mente si riavvicinano, dopo decenni di distanza ed incomprensione l'uno dell'altro, e favoriscono il processo di rigenerazione. Su questa base, qualsiasi terapia è sostenuta meglio e diventa più efficace. Non ci sono controindicazioni né effetti collaterali negativi per una giusta alimentazione, solo vantaggi.
Benché sembri un po' assurdo, quando si entra veramente nel processo di trasformazione interiore la malattia è quasi messa da parte, in un certo senso dimenticata. Si fanno le cose che si devono fare, ci si sottopone alle terapie necessarie, ma il centro dell'interesse si sposta su ciò che conta davvero: le relazioni, gli affetti, le realizzazioni di una vita. Molti scoprono con sorpresa che quella che si era presentata come una terribile disgrazia contiene in sé i germi di una crescita interiore inaspettata ed impensabile. È terribile da dirsi, ma talvolta c'è bisogno di un tumore per scoprire le verità fondamentali della nostra vita, i valori che dovrebbero guidarla e che spesso dimentichiamo, travolti dalla corsa quotidiana, e questo ci da la misura di quanto il nostro modo di vivere si sia allontanato dalla nostra vera natura per trasformarci in consumatori di beni, piccoli ingranaggi di un meccanismo disumano.
Tutto questo processo non è né facile né comodo, ma le cose buone della vita non si ottengono facilmente. Anche allevare i nostri figli, vivere con una persona e cercare di capirla ed amarla attraverso le avversità ed il trascorrere degli anni, invecchiare con dignità e lasciare qualcosa di buono a chi verrà dopo di noi sono imprese colme di difficoltà. In breve, tutte le più autentiche realizzazioni della vita non sono facili da concretizzare. Eppure, a guardare le cose in prospettiva, sono proprio ciò che dà più valore alla nostra esistenza.
Abbiamo in noi stessi molte più potenzialità di quello che crediamo. La nostra vita può essere molto più ricca di quanto i nostri modelli culturali e la nostra educazione ci consentano di credere. Scegliamo dunque di vivere in modo più consapevole e vero, sapendo che possiamo utilizzare una giusta alimentazione come fondamento della nostra salute e libertà, sulle quali costruire una esistenza migliore.