Tutti i medicamenti somministrati ad alte dosi (dosi ponderali) esercitano un effetto sgradevole sulla sensibilità dell'uomo sano.
Nessuno ha fumato tabacco senza aver provato all'inizio ripugnanza, a nessuno è piaciuto il caffè puro e senza zucchero quando l'ha preso la prima volta. Questo è un segno che la natura ci ha fatti in modo da non violare le leggi della salute e da non disprezzare l'istinto conservatore della vita.
Se seguendo la moda e l'esempio, continuiamo a far uso di sostanze medicamentose, l'uso continuo va a affievolire a poco a poco l'iniziale sensazione sgradevole, finché si giunge perfino a provarne gusto, così l'azione in apparenza piacevole, che esercitano sul nostro organismo, diventa una necessità. Si crede di trovare la felicità nei bisogni artificiali, la soddisfazione dei quali viene associata all'idea di un piacere sensuale.
Può succedere che l'organismo, ammalatosi per l'uso continuo di queste sostanze medicamentose, venga sollecitato dall'istinto a continuarne l'uso, cioè a usarle come momentaneo palliativo per i disturbi provocati dalle stesse.
Per meglio comprendere questo concetto, bisogna sapere che tutti i medicamenti producono due stati opposti nel corpo umano: l'effetto primario che si manifesta quando il rimedio inizia a agire e l'effetto secondario che si manifesta solo dopo alcune ore, quando cessa l'effetto primario.
La maggior parte dei medicamenti provoca sensazioni sgradevoli e dolorose nell'uomo sano, sia come effetto primario che secondario, causando disturbi anche se in maniera diversa: il loro uso prolungato non produce mai effetti gradevoli a chi è sano.
Esiste solo un piccolo numero di sostanze medicamentose che fanno eccezione per quanto riguarda i loro effetti primari. Essi hanno la singolare proprietà di produrre come effetto primario, se usate con moderazione, un aumento artificiale del normale stato di salute, una specie di esaltazione alla vita e sensazioni quasi esclusivamente piacevoli; anche gli effetti secondari sgradevoli sono poco rilevanti per un soggetto che gode di buona salute e conduce un genere di vita conforme alla natura. A questa classe poco numerosa di sostanze medicinali appartiene anche il caffè, i cui effetti tanto piacevoli quanto spiacevoli, sono ancora molto poco conosciuti, per quanto possa sembrare strana una affermazione del genere.
L'uso improprio che si fa di questa sostanza a tutte le ore del giorno, le differenti qualità e quantità che si prendono, l'età e la costituzione di coloro che ne fanno uso, rendono molto difficile una valutazione esatta dei suoi effetti, come un disco che ruota rapidamente e, benché sopra siano stati tracciati caratteri con chiarezza, tutto si confonde e si fa illeggibile anche agli occhi più per-spicaci. [...]
[...] il senso palliativo di benessere che il caffè trasmette per alcune ore fino alle fibre più sottili, è rimpiazzato al momento del-l'azione secondaria da una estrema propensione per le sensazioni dolorose, propensione che aumenta tanto più, quanto è lungo e più frequente si sia bevuto il caffè, quanto maggiore sia stato questo ultimo e maggiore la sua quantità. Anche la minima causa (cosa che non accade all'uomo sano, non abituato al caffè) può provocare alla bevitrice di caffè un'emicrania; spesso anche frequenti dolori ai denti, quasi insopportabili, che sopraggiungono soprattutto la notte, accompagnati dal rossore al volto e gonfiore delle guance; a volte anche da strappi e sensazioni taglienti in diverse parti del corpo, ora a un lato del viso, ora a uno dell'altro arto... L'ansia e le vampate di calore sono il tormento quotidiano dei bevitori di caffè e l'emicrania nervosa gli appartiene più che a altri.
Nota 13
Questa emicrania non va confusa con quella di cui si è parlato prima che si manifesta solo in determinate occasioni: dopo aver riempito eccessivamente lo stomaco, o dopo un raffreddore, e, di norma, si manifesta improvvisamente e a qualsiasi ora del giorno. L'emicrania di cui si parla sopraggiunge la mattina dopo essersi svegliati e aumenta a poco a poco. Il dolore è quasi intollerabile e molte volte cocente; i tegumenti esteriori della testa sono molto sensibili e il minimo contatto causa dolore. Il corpo e lo spirito sembrano dotati di un'eccessiva irritabilità. I malati che ne sono affetti cercano luoghi isolati e scuri per evitare la luce del giorno, chiudono gli occhi e rimangono seduti in posizione obliqua in divano o in poltrona. Il minimo rumore e il più piccolo movimento accrescono i dolori. I malati evitano di parlare e di sentire parlare. Il corpo pur senza brividi è più freddo del solito; soprattutto le mani e i piedi. Tutto li ripugna, principalmente gli alimenti e le bevande perché le nausee continue impediscono di prendere qualsiasi cosa.
Se l'accesso è molto forte sopraggiungono vomiti mucosi che raramente alleviano il mal di testa. C'è persino assenza di evacuazioni. Questa emicrania quasi mai scompare prima della notte e io a volte l'ho vista durare 36 ore, non scomparendo dunque fino alla sera del giorno seguente. Se l'attacco è meno violento e la sostanza che ne è stata la causa principale è stato il caffè forte, questi serve come un palliativo abbreviando la sua durata, però il corpo diventa più predisposto a riprodurre l'emicrania in un più breve lasso di tempo. Le ricadute non sono fisse; il mal di testa ricompare ogni 5 giorni, ogni 3 o 4 settimane, si manifesta del tutto improvvisamente e senza un motivo apparente; anche se è raro che il malato abbia avuto la notte precedente qualche presentimento dell'emicrania che lo colpisce la mattina. Non ho osservato questo tranne che nei veri bevitori di caffè.